lunedì 12 marzo 2012

Fitzgerald agli scrittori, lettori, editori

Nuotare sott'acqua e trattenere il fiato.
Non si scrive per dire qualcosa, si scrive perchè si ha qualcosa da dire

Scrivere oggi
Secondo una qualche (ed ennesima) statistica uscita qualche mese fa (o anno? Non importa) in Italia ci sono più aspiranti scrittori che aspiranti lettori. Tutti scrivono ma nessuno legge. Non c'era bisogno di scomodare i signori delle statistiche per accorgerci di questa triste ed evidente realtà. Ogni persona con una qualche minima velleità letteraria armata di un computer e di una connessione si sarà accorta che esistono miriadi di concorsi per aspiranti/giovani/dilettanti scrittori: un concorso per il paesino piccolo piccolo, per l'Italia (c'è sempre qualcosa da commemorare), per la festa della mamma, per Moccia che ha scoperto i Baci Perugina, per il nuovo romanzo d'amore trash dell'anno...l'andazzo è questo, da parecchio tempo. Le cose sono peggiorate (dipende dai punti di vista) da quando si è aperto il vaso di pandora chiamato anche web 2.0: gli aspiranti scrittori sono triplicati, credo che nelle case editrici qualcuno si sia messo a piangere inchiostro quando ha scoperto che i loro indirizzi sono alla portata di tutti-tutti, compreso lo ( o gli) svitato di turno, il genio incompreso. Stendiamo un velo pietoso poi sulla piega che ha assunto il mercato, ovvero: di fronte a tanti giovani presunti talenti desiderosi di vedere scritto il loro nome da qualche parte oltre la tesi(na) di laurea, cosa fa l'uomo "furbo"? Ma ovviamente gli dà quello che vuole, facendosi pagare ovviamente. Mi fermo qui, è un argomento delicato e interessante ma non è questo il punto. Il punto è: quanti tra le migliaia di tastiere si sono autoproclamati 'scrittori' sotto il proprio insindacabile giudizio senza sapere minimamente cosa significhi scrivere o cosa significhi narrare?
Questo è quello a cui ho pensato mentre leggevo questo libro.

Francis Scott Fizgerald
Credo che tutti i lettori conoscano Fitzgerlad. O comunque lo conosceranno a breve, quando Baz Luhrmann porterà al cinema Il grande Gatsby con Leonardo di Caprio e Tobey Maguire ( lunga attesa: uscita prevista a Dicembre 2012). O magari l'hanno scoperto grazie all'ultimo film di Woody Allen, Midnight in Paris. Si andrà al cinema, si leggerà il libro e si ricorderà Fizgerald per quest'unico libro probabilmente. O magari è l'occasione giusta per far conoscere anche tutto il resto, la sua sterminata produzione. Non voglio passare per un'esperta di Fitzgerald perchè non lo sono: ho letto Il grande Gatsby tempo fa e mi è piaciuto, un po' malinconico. Ma leggendo questo libro ho ri-scoperto questo autore, mi è venuta voglia di leggere gli altri suoi libri, quelli che stava scrivendo prima di diventar famoso, quelli che ha scritto dopo il boom del suo romanzo, i racconti che scriveva per mantenersi, quei racconti che scriveva in tre giorni, sapendo esattamente cosa voleva il pubblico, consapevole che accontentarlo significava fare violenza a se stesso.  Ma bisogna pur vivere.

"Scrivere bene è sempre come nuotare sott'acqua e trattenere il fiato"
Fitzgerald in questo librettino fatto di citazioni/estrapolazioni da libri/lettere/racconti/convegni descrive in modo assolutamente moderno cosa significhi scrivere. La professione dello scrittore non è cambiata di una virgola dagli anni venti, nei secoli, sono cambiati solo gli strumenti. Il mercato, i critici, gli agenti letterari, gli editori sono sempre quelli, obiettivo: guadagnare, distruggere/proclamare lo scrittore del momento. Attraverso questa raccolta di 'massime' distribuite in modo approssimativamente cronologico si trova un Fitzgerald che scrive, sempre. Inizia a scrivere giovanissimo a 12 anni, e continua a scrivere. Si perde per strada negli anni del college, poi negli anni della Grande Guerra, ma c'è sempre qualcosa che lui vuole dire, che sente il bisogno di esprimere e a 24 anni pubblica il primo romanzo, Di qua dal paradiso. La storia dei suoi esordi letterari è raccontata nel capitolo 9, " Vita di uno scrittore", tratta da Crepuscolo di uno scrittore e L'età del jazz e altri racconti. E' divertente leggere come ricorda il se stesso giovane scrittore, la sua ossessione/disperazione per la scrittura, la famiglia che lo tratta con condiscendenza quando annuncia che lascia tutto per starsene a casa a scrivere il suo romanzo. Sono brevissimi e succosi episodi.
Ma questa è la storia di un genio, e non tutti nascono geni purtroppo o per fortuna. Fitzgerald stesso lo sa ( tra l'altro lui considerava un genio l'amico Hemingway, non se stesso) e per questo scrive ai giovani scrittori (nel caso specifico: la figlia Frances): spazia dai consigli veri e propri "come creare un personaggio/un ambiente" a riflessioni su cosa significhi scrivere e da cosa nasca quest' esigenza. Il vocabolario da usare e cosa non si deve fare ( ubriacarsi e scrivere  ad esempio). 
Alcune citazioni che mi hanno colpita:
" Che sia qualcosa successo vent'anni fa o soltanto ieri, all'origine di tutto ci dev'essere un'emozione; un'emozione che mi tocchi da vicino e che io possa capire."
 " Non bado più granchè a dove mi trovo, nè mi aspetto molto dai luoghi (...)...un tentativo di portare alla luce l'essenza, ma sopratutto il fascino, il dramma, da qualunque realtà mi sta attorno."
" Ora la differenza fra il professionista e il dilettante è terribilmente difficile da analizzare, terribilmente inafferrabile. Significa, semplicemente, avere strumenti sensibili; significa sentire un profumo, fiutare il futuro in una qualche parola. ... Avere qualcosa da dire è questione di notti insonni e patemi d'animo; di ricerca perenne di un tema e di perenne sforzo per portare alla luce la verità essenziale, la giustizia essenziale."
Ce ne sarebbero altre da inserire ( ne ho trascritte almeno una ventina sul mio quadernetto), ma credo sia più pratico leggere il libro. Lo consiglierei sopratutto a chi si considera aspirante scrittore: i consigli di stile, i tesori dello scrittore, gestire i fallimenti. 
F.S. Fitzgerald
Lo consiglio anche a chi vuole capire cosa significa(va?) scrivere o cosa dovrebbe significare;  a chi è curioso di sapere come viveva uno scrittore americano negli anni '20, anche se la risposta è esattamente la stessa di oggi: tentava in tutti i modi di farsi pubblicare, inviando racconti a tutte le riviste, a tutte le case editrici, collezionando lettere di rifiuti a destra e sinistra, facendo altri lavori per mantenersi...finchè non prende la decisione definitiva di scrivere IL romanzo (Di qua dal paradiso), quando lo sente, quando è stufo di fare le cose a metà.
In questo libro Fizgerald scrittore viene messo "a nudo" da se stesso attraverso le sue parole. 
Quindi una pacca sulla spalla a chi ha fatto questo lavorone, all'editor americano Larry W. Phillips e alla Minimum Fax che l'ha portato in Italia.



"Non devi buttarti giù se il tuo racconto non è il massimo. Al tempo stesso non voglio incoraggiarti, perchè in fin dei conti , se vuoi fare sul serio, è giusto che tu abbia i tuoi ostacoli da superare e che impari dall'esperienza. (...)"

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